Roma
Il manifesto di Alberto De Rossi, un gigante nel buio
Un ritratto dell’allenatore della Roma Primavera degli ultimi 18 anni
Tra i grandi difetti dell’uomo medio italiano c’è quello di sottovalutare, quasi con disprezzo, le eccellenze della nostra penisola. Questo accade anche nel calcio, dove la narrativa mediatica rivolta allo scoop e al cosa non funziona distoglie l’attenzione sulle piccole grandi imprese sportive, confezionate da grandi uomini la cui presenza è nota, ma il cui valore non viene esaltato a sufficienza. Alberto De Rossi si inserisce e (ahimè) si inserirà per sempre nel lotto dei sottostimati, non da chi fa calcio, bensì da chi lo racconta.
IL NUOVO RUOLO DI DE ROSSI NELLA ROMA
Composto, passionale, carismatico ed estremamente saggio, Alberto De Rossi abbraccia la Roma nel 1993, cominciando un percorso nel settore giovanile giallorosso che lo porterà ad allenare la Primavera dal 2004 allo scorso 31 maggio 2022, giorno dell’ultimo ballo amaro nella finale Scudetto persa contro l’Inter ai supplementari per 2-1. Che sia giusto o meno vedere il sipario chiudersi con tale crudeltà non importa, liquidiamo il capitolo palmarès perché sarebbe riduttivo come metro di giudizio di un maestro della crescita dei giovani calciatori: fate sette trofei, tre Tricolori e il record di aver portato la prima italiana ad una semifinale di Youth League nel 2016. Ma la vita sportiva a Trigoria di De Rossi si è basata sempre su una vera e propria filosofia del club, su regole non scritte tradotte in talenti per il calcio che conta. Alberto De Rossi ha analizzato la grande storia dell’A.S. Roma per giungere ad una conclusione semplice, che solo 29 anni dopo abbiamo in parte compreso: la forza della Roma sta nella sua gente, nel popolo vicino alla squadra, nella tifoseria attaccata alle vicissitudini dei giallorossi. La tradizione della Roma ha sempre imposto lo sviluppo di calciatori cresciuti nel territorio e maturati nel settore giovanile in grado di coronare il sogno di una vita e indossare quella maglia tanto pesante all'”Olimpico“. Non è un caso se il grande Scudetto del 1983 porti i nomi del compianto Agostino Di Bartolomei e di Bruno Conti, due campioni eterni con l’identikit descritto in precedenza. Non è nemmeno un caso che il figlio di Alberto, Daniele, da Ostia abbia conquistato Roma e la Roma passando per Trigoria. E non è nemmeno un caso che Francesco Totti muovesse i primi passi tra i grandi con Carlo Mazzone in panchina proprio nel momento in cui Alberto De Rossi trovava posto nel mondo giallorosso. Perché, allora, non sottolineare questo aspetto come lo si fa parlando della Masìa del Barcellona? Che cosa può vantare l’Ajax e il suo De Toekomst rispetto alla Roma di De Rossi? Alessandro Florenzi, Alessio Romagnoli (anche con il cuore biancoceleste), Gianluca Caprari, Valerio Verre, Daniele Verde, Lorenzo Pellegrini, Luca Pellegrini, Alessio Riccardi, Riccardo Calafiori ed Edoardo Bove non mentono: uno come Alberto De Rossi il calcio italiano non lo ha mai avuto nella crescita dei giovani, un uomo al comando di un vivaio in mezzo a quattro proprietà diverse in 18 anni lo stivale non lo ha mai visto. De Rossi ha portato avanti la missione di un romanista qualsiasi, lo ha fatto sempre con l’amore massimo per la maglia e lo stemma cucito sul petto, è rimasto sulla cresta dell’onda per quasi 30 anni adattandosi alle circostanze del nuovo calcio, mettendosi in discussione e accettando di non essere mai il primo violino. In cima sempre Roma e la sua gente, una personalità mossa da una vocazione nella formazione dei prospetti del calcio locale, per creare così un lotto di campioncini vicini prima con il cuore che con la testa alla Roma.
Giacomo Faticanti, il mediano giallorosso pupillo di De Rossi
Ed ora, un commiato ce lo concederete. Non sarà strappalacrime a sufficienza, non riuscirà ad inglobare tutti gli attimi della memoria, ma Alberto De Rossi da oggi è una leggenda anche per MondoPrimavera.com. In una redazione che ogni anno si arrende dolcemente a vedere i suoi cuccioli spiccare il volo nel calcio che conta, Alberto De Rossi è sempre stata la figura a cui appellarsi, da cui tutti ci saremmo attesi qualcosa. Se ne va dalla panchina della Roma un’eminenza del calcio giovanile, un allenatore e un uomo che ha stabilito un metodo e dato un’anima ad una delle società di calcio di maggior lustro del nostro paese. Con la speranza che il Vangelo secondo De Rossi continui ad essere recitato a Trigoria, resta forte la commozione di non poter più rivedere la scritta “Alberto De Rossi” affianco alla voce “Allenatore” nella distinta della prossima gara della Roma Primavera.
Continua a leggere le notizie di Mondo Primavera e segui la nostra pagina Facebook