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Milan, l’incubo di De Lucia. Da promessa all’addio al calcio. La sua storia

L’ex portiere rossonero ha raccontato il suo addio al calcio giocato

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Intervistato da Cronache di Spogliatoio, il giovane Antonio De Lucia ha raccontato la sua storia e il suo addio al calcio giocato. Antonio è un classe 2005 e ha svolto il ruolo di portiere nel settore giovanile del Milan dal 2019 al 2022.

Oggi De Lucia ha 18 e non gioca più a calcio per un grave problema alla schiena. Per capire le dinamiche della sua storia gli è stato chiesto di raccontare gli eventi dall’inizio: «Ho giocato per 3 stagioni al Milan, nelle giovanili. Mi hanno preso nel 2019, sono arrivato fino all’under-17 e facevo parte della Primavera da sottoetà».

L’infortunio

Antonio era stato riempito di fiducia dai dirigenti rossoneri che avevano visto in lui un grosso potenziale. Poi un giorno inizia un incubo dal quale non riesce più a riprendersi come prima: «Un giorno, durante un allenamento la mia schiena si è bloccata. Sono caduto a terra, e ho detto al mister che dovevo per forza rientrare in palazzina dai fisioterapisti. Ci sono rimasto per 7 mesi». Il giovane portiere, presa consapevolezza del suo doloroso infortunio, cade in depressione. Inoltre, prova un senso di abbandono anche per via dalla società che non gli rinnova il contratto dopo averlo elogiato più volte per il suo talento.

Da promessa a svincolato

«Sono passato in qualche settimana, da essere un portiere di valore a un ragazzo ‘non da Milan’. In rossonero ho toccato il cielo con un dito. Sono partito da fuorirosa e mi sono conquistato il posto da titolare. Vivevo in convitto a Milanello, ho fatto la bella vita con i miei compagni e sono felice di vederli adesso in Serie A, perché ci sono sempre stati per me, da Bartesaghi a Zeroli. Ero lontano dalla mia famiglia, scendevo in campo e nonostante provassi a sovvertire le gerarchie, non ero più lo stesso. Sentivo un dolore atroce e non riuscivo più a parare come prima».

La depressione

Il periodo più difficile arriva dopo la scoperta dell’infortunio, quando il ragazzo inizia a dover convivere con questo problema che lo costringe a lasciare il calcio. «Mi sono sentito solo e abbandonato. Non riuscivo a dormire fino a quando non mi si chiudevano gli occhi dalla stanchezza, alle 3 di notte. Ho pensato di tutto: e quando dico di tutto, intendo le cose peggiori. Ho girato diversi specialisti in giro per l’Italia, mi hanno spiegato che il mio disco intervertebrale è collassato e tocca il nervo sciatico, procurandomi un problema che scende verso la gamba. Se si toccano in quel punto, mi blocco con la schiena». Il verdetto è crudele: «Se continui a giocare, rischi di smettere di camminare».

La forza di Antonio

Dopo lo svincolo al Milan arrivano parecchie offerte ma lui non si sente più lo stesso e decide di smettere.  «Per rispetto a me stesso e ai miei genitori, ho smesso». Antonio aveva sempre sognato la Serie A, e nonostante la grande sofferenza e il dolore per non poter più giocare a calcio, si rimbocca le maniche e ricomincia a vivere. Si iscrive al corso per arbitri e inizia a dirigere gare dei regionali, ed entra nella facoltà di Scienze Motorie con un preciso obiettivo: «Ve l’ho detto, io in Serie A ci arriverò comunque. Mi hanno tolto il calcio, ma non possono togliere il calcio da me. Da arbitro, in uno staff, da preparatore o da allenatore, io arriverò tra i grandi».

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