Parma
[FOCUS] – Parma, Mohamed Haj: il jolly dai gol pesanti
Il classe 2005 è pronto a conquistare il cuore dei tifosi a suon di gol
IL PRIMO OSTACOLO CHE DIVENTA OPPORTUNITA’
Il 2021 è l’anno che segna un bivio nella carriera di Mohamed Haj: il Chievo Verona, squadra dove l’italo-tunisino gioca vestendo la maglia dell’U17, annuncia il fallimento; così arriva la chiamata da una squadra che ha imparato a toccare il fondo del baratro e risalire, proprio come vuole fare il ragazzo. Il Parma, che aveva già superato lo scoglio della bancarotta solo qualche anno prima, lo preleva gratuitamente e lo aggrega al gruppo dell’U18. A sedici anni Haj è cosciente di avere la sua chance e comincia la sua scalata nelle giovanili dei crociati, fino a consacrarsi solo un anno dopo come uno dei diamanti più scintillanti della Primavera di Mister Beggi.
IL CORAGGIO DI ROMPERE GLI SCHEMI
Mohamed Haj ha giocato il 33% dei minuti nelle prime due di campionato Primavera 2A, di certo lo spiraglio per emergere può sembrare ridotto, eppure il ragazzo ha dalla sua una qualità che in pochi hanno: il coraggio di rischiare, di mettersi in gioco, e la pazienza di aspettare il momento propizio per sprigionare tutto il suo talento, lasciando parlare i suoi piedi. Proprio come è successo la scorsa settimana: a Cremona, il Parma è bloccato sullo 0-0, ma l’ultimo pallone della partita sembra essere attratto da quel ragazzo con la 20 dietro la schiena; la strada è segnata, Mohamed Haj inchioda il pallone col destro e disegna un pallonetto che fa impazzire la panchina, game over e vittoria per gli emiliani. In una giocata, tutto il suo talento e anche di più,
UN SOFFIO DI FRESCHEZZA VERSO IL FUTURO
26 Marzo 2005, questo recita la sua carta d’identità; un ragazzo diciassettenne è un contenitore ancora da riempire, con esperienze, delusioni cocenti e anche soddisfazioni immense. Eppure, questo ragazzo sembra avere la consapevolezza di tutto ciò e corre, lotta, si impegna per mettere a disposizione la sua qualità, anche con un minutaggio ridotto. Perché a volte la panchina non è una dannazione, ma solo un trampolino più alto da cui puoi scegliere: tuffarti e rischiare tutto, oppure rimanere nella comfort zone.
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