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Zauri: “U23? Un valore aggiunto per il calcio italiano. Sull’Atalanta…”

Le parole dell’allenatore durante “Storie di Primavera”

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Luciano Zauri

Nella quarta puntata di “Storie di Primavera”, nostro speciale in onda ogni mercoledì, abbiamo avuto il piacere di ospitare Luciano Zauri. Ex allenatore del Pescara e del Bologna Primavera, oggi Zauri vive e lavora a Malta, dove ricopre il ruolo di allenatore dell’Hamrun Spartans. Durante la sua carriera da calciatore, l’ex difensore ha vestito le maglie di club importanti come Chievo Verona, Lazio, Fiorentina, ma ancora prima dell’Atalanta, club nel quale è cresciuto e che lo ha lanciato nel calcio dei grandi. Nel corso della puntata andata in onda ieri – e che potrete riseguire integralmente in fondo all’articolo – Zauri ha affrontato diversi argomenti rispondendo alle domande della nostra redazione di MondoPrimavera. Oltre ad aver parlato del modello Atalanta a livello di settore giovanile, il nostro ospite ha parlato anche dell’importanza dell’U23, della differenza tra Serie A e Primavera e si è espresso anche su un suo possibile ritorno in Italia. Di seguito le parole ai nostri microfoni.

Filosofia atalantina nel settore giovanile

Nella filosofia dell’Atalanta c’è grande competenza, grandi qualità negli uomini oltre che nei tecnici. Da quando sono andato a Bergamo nel 90, loro sfornavano già talenti. Negli ultimi anni la facilità è stata quella di poter anche attingere al proprio portafoglio. E’ più facile con le qualità umane e le potenzialità tecniche e con i soldi, creare giocatori per la Serie A o addirittura per la Premier. E’ dimostrato come chiunque arrivi può ambire a giocare ad altissimi livelli. Ultimamente solo Scalvini ha avuto la fortuna di poter giocare in Prima squadra, perchè il livello dell’Atalanta si è alzato; dunque, a differenza dei miei anni in cui dalla Primavera si approdava in prima squadra, ora è più difficile anche perchè da anni a questa parte milita in Europa.

Luciano Zauri

Luciano Zauri durante l’esperienza maturata sulla panchina del Pescara

Differenze del campionato Primavera negli anni

Nei miei anni c’era la ricerca ancora di far crescere dalle prime categorie. Si creano meno ragazzi partendo dagli esordienti – salvo rarissimi casi. Spesso si attinge anche fuori dall’Italia e forse questo è uno dei problemi che si nota in Serie A, seppur non si può pretendere di formare giocatori se non si parte dal basso. I soldi sono sempre meno, i tempi sono cambiati e non bisogna pensare a cosa si faceva una volta. 

I dati redatti dal CIES

Non è un caso che l’Atalanta negli ultimi anni sia arrivata in Europa. Oltre ai soldi e al livello, hanno una struttura incredibile: ho avuto la fortuna di visitare Zingonia negli ultimi anni e il cambiamento è evidente. Il lavoro è sotto gli occhi di tutti.

Lo step tra la Primavera e la Serie A

La difficoltà e al tempo stesso la forza che c’è nei ragazzi di oggi sono i social. Ti fanno sentire di essere arrivato prima del previsto, per cui quando ti affacci nel mondo dei grandi subisci lo scotto di quello che realmente è il valore dei punti di una vittoria e di una sconfitta. Vincere o perdere nei grandi non equivale a vincere o perdere con la Primavera. I ragazzi magari non sono ancora pronti a questo tipo di step: è il motivo per cui alcuni dopo un paio di mesi in tribuna o in panchina, si sentono di dover cambiare squadra per aver giocato così poco. 

L’U23 è un valore aggiunto?

Assolutamente si. La Juventus secondo me non produce giocatori per la Lega Pro, bensì almeno per la Serie B, con l’idea di portarli nella Serie A italiana, non per forza alla Juve. Avere una squadra in Lega Pro per la Juve non ha quello che si pensava, anche se nei fatti i vari Miretti e Soulè hanno fatto un percorso nella Primavera, poi nell’Under 23 e poi nella Prima squadra. Raramente si vedono giocatori di Milan e Inter passare dalla Primavera alla Prima squadra perchè il divario è eccessivo, per cui l’idea di avere delle squadre U23 per le big non c’è perchè questi settori giovanili non possono produrre giocatori per la Lega Pro.

Su quali aspetti insiste lei da allenatore e quali concetti tramanda?

Ognuno di noi rifà al proprio passato. Io ho avuto la fortuna di fare tutto il percorso nelle giovanili dell’Atalanta dove dal mio primo giorno l’allora responsabile Dino favini era un’amante del gesto tecnico oltre che dell’eleganze e dell’attitudine, senza la quale non si può fare alcun tipo di lavoro. La tecnica è alla base del calcio – oltre alle doti fisiche a cui do per scontato. La tecnica è fondamentale; poi metto il fatto di saper fare più cose: oggi è impensabile saper fare una sola cosa e ricoprire un solo ruolo. Ovviamente vanno inquadrati in un sistema di gioco. Non possiamo accettare di sentir dire che un giocatore può giocare a tre o a quattro. Oggi il giocatore deve saper fare più cose e adattarsi in base alle difficoltà imposte dall’avversario.

Esperienza nel campionato maltese e un possibile futuro in Italia

L’esperienza maltese l’ho accolta a inizio stagione con grande entusiasmo. Mi hanno cercato con insistenza, quindi non ho fatto fatica ad accettare. E’ una realtà molto particolare: le 14 squadre giocano tutte in tre stadi, non esiste “in casa o fuori casa”; dopo mezz’ora escono due tifoserie e ne entrano altre due. Abbiamo quattro spogliatoi e nel mentre che tu giochi, altri si preparano in essi. E’ un esperienza che mi sto vivendo a pieno, ci stiamo giocando il titolo con un’altra squadra e il livello della società e della Liga è paragonabile ad una Lega Pro. Ho una squadra molto forte, per cui in Italia faremo un campionato di vertice ed è tutto molto interessante. In Italia ci si lamenta delle strutture, quindi lascio a voi immaginare ciò che si può dire se fossero qui. C’è poco spazio per le giovanili anche qui; ci si divide il campo – a volte anche in tre. La Nazionale maltese ultimamente qualcosa ha fatto e la serietà qui non manca.

 

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