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Spalletti ai club: “Mandate i giovani a giocare all’estero”

Le parole del commissario tecnico della Nazionale italiana

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Luciano Spalletti

Il commissario tecnico della Nazionale maggiore, Luciano Spalletti, ha concesso una lunga intervista al Corriere della Sera. L’allenatore, che ha appena portato l’Italia all’Europeo concludendo il girone di qualificazione al secondo posto, ha toccato molti temi nel corso della chiacchierata, parlando anche dei giovani calciatori. Di seguito, le parti salienti dell’intervista al ct Spalletti

La concezione della maglia azzurra

“Vorrei tornasse la nazionale di tutti e che tutti gli italiani le volessero bene. Per me la maglia della Nazionale è quanto di più alto ci possa essere in uno sport ma allo stesso tempo anche quella che più resta vicina al calcio di strada. Quando da bambini dovevamo giocare contro quelli del giardinetto accanto, speravamo con tutto noi stessi di venire selezionati e poter far parte di quelli che vincendo sarebbero poi diventati gli eroi del quartiere. Sono felice e orgoglioso, anche se ho sentito il peso enorme della responsabilità. Voglio intorno a me ragazzi che ci credono e che abbiano voglia di entrare nella storia di questa Nazionale. La maglia azzurra va desiderata prima, e onorata poi, come un oggetto sacro”. 

Luciano Spalletti durante l'allenamento

Luciano Spalletti Italia

Il consiglio ai giovani talenti italiani

Nel corso della lunga intervista rilasciata da Spalletti, c’è stato spazio anche per il tema della poca “scelta” riguardo ai calciatori italiani convocabili. Inevitabile, in tal senso, toccare il tasto dei giovani giocatori formati dai vivai e sulle difficoltà che incontrano dopo la trafila nei settori giovanili. Spalletti ha dato un importante consiglio, sia agli allenatori che alle società.

“Nei settori giovanili si tende a premiare la fisicità precoce, senza calcolare che il talento può essere nascosto. Li facciano giocare con la palla, senza fare il copia e incolla degli schemi miei o di altri. Bisogna fare attenzione a non appiattire i livelli, a non mortificare talenti e creatività. E se un ragazzo mostra estro ma ha delle pause, lo si aspetti. Lo si formi, non lo si rifiuti. Il ruolo degli istruttori è fondamentale e deve essere esaltato. La poca scelta di giovani talenti? Posso selezionarli da ogni parte del mondo – l’Under 21 ha l’esempio di Luca Koleosho, ndr – , ma la cosa che mi preoccupa è che ci sono pochi italiani titolari. Ma non cerco scusanti. Quello che secondo me non va bene è che i talenti italiani che emergono dal campionato Primavera vengono poi mandati nelle serie inferiori a farsi le ossa, o si siedano in panchina. Io esorterei le società a inviarli a sperimentare le prime divisioni straniere e ad abituarsi alle pressioni, al bisogno di risultati. Il mondo cambia e la nostalgia non aiuta. Il calcio è stato investito dalla globalizzazione e bisogna massimizzarne gli effetti positivi”.
 

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