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Chiellini: “Juventus Next Gen, ecco qual è l’obiettivo. Polemiche sulle seconde squadre? All’estero è normale”
Claudio Chiellini, responsabile della Juventus Next Gen, ha parlato dei giovani, degli obiettivi e del bilancio della seconda squadra.

Nel corso di un lungo approfondimento curato da L’Ultimo Uomo, sulla Juventus Next Gen, il responsabile Claudio Chiellini ha rilasciato molte dichiarazioni sull’universo della seconda squadra bianconera. Il dirigente, fratello di Giorgio, ha parlato a 360° della realtà nata nel 2018 e che ha portato tanti giocatori del vivaio in prima squadra. Dall’accoglienza del mondo calcistico, al modo di operare, fino agli obiettivi e il bilancio dopo sette stagioni. Di seguito tutte le parole di Claudio Chiellini sulla Next Gen della Juventus.
Juventus Next Gen, le parole di Chiellini sulla seconda squadra bianconera
Sulle critiche alle seconde squadre: “In Italia è sempre difficile modificare gli equilibri consolidati, basta vedere quante polemiche accompagnano le seconde squadre quando vanno in giro sui campi. Io penso però che sia soltanto un discorso di abitudine, e spero che nei prossimi anni ne nascano altre. La verità è che la Serie B ha sempre respinto questa idea, dicendo che non avrebbe comunque voluto le seconde squadre in caso di promozione. E questo pensando, erroneamente, che sia facile per una seconda squadra vincere il campionato in C, essere pronta per la B. Nella loro testa probabilmente c’era l’idea che la Juventus, il Milan, l’Inter e l’Atalanta avrebbero vinto senza troppe difficoltà il campionato di Serie C. In tal caso si sarebbero ritrovati con due, tre, quattro seconde squadre in B, come successo altrove. Ma la Spagna dimostra che non è quella la direzione: Real Madrid e Barcellona con le generazioni d’oro sono riuscite ad arrivare in seconda divisione. Ci sono rimaste per qualche anno, ma poi sono retrocesse e non riescono più a salire da tempo”.
Sulla nascita della Next Gen: “Credo che sia riduttivo parlare solo della Next Gen, o della Primavera: è un lavoro più profondo, che copre tutte le categorie e fasce d’età. Era un’idea esistente da tempo, da ben prima dell’estate 2018. Noi abbiamo studiato e immaginato questo sistema già nel 2015, facendo venire a Vinovo durante l’estate tutti i calciatori che tornavano dai prestiti, di proprietà della Juventus, e facendoli allenare in attesa di novità dal mercato. Veniva dato loro un allenatore e uno staff, oltre ovviamente alle strutture e tutto il resto, e si organizzavano amichevoli. Insomma, una visione di questo tipo c’era già da tempo. Ma se fino al 2018 era solo un’idea, poi è diventata una cosa concreta. Il primo anno ci sono stati grandi difficoltà a creare e trasmettere ai ragazzi un’identità di squadra. Erano tutti giovani cresciuti nelle giovanili e giocavano con la maglia della Juventus ma, non avendo un seguito e rappresentando una completa novità nel panorama italiano, dovevano creare da zero la propria identità”.
SAVONA: “LA NEXT GEN TI ABITUA AL CALCIO DEI GRANDI, NELLA PRIMAVERA È TUTTO DIVERSO”
Sul poco tifo allo stadio: “Mi dispiace molto, stiamo lavorando per migliorare la situazione da questo punto di vista. Ad oggi purtroppo non abbiamo un vero seguito di pubblico. Per me è un peccato che i tifosi della Juve non vengano a vedere la Next Gen. Hanno un’opportunità unica: vedere da vicino e conoscere di persona quei ragazzi che magari nel giro di qualche mese saranno in Serie A. E a quel punto, diventeranno irraggiungibili. Penso per esempio a Yildiz o Huijsen. A dicembre dell’anno scorso giocavano l’ultima partita contro il Pineto, davanti a 140 persone. La settimana dopo Yildiz segnava in Serie A contro il Frosinone, e da lì è entrato in dinamiche più grandi. Noi cerchiamo di trasmettere proprio questo: chi segue la Next Gen non solo sostiene i colori, ma ha il privilegio di guardare da vicino la crescita di calciatori che dopo qualche settimana o mese potrebbero giocare in Serie A”.

Juve Next Gen
Dalla Primavera alla prima squadra attraverso la Next Gen
Sul percorso: “All’inizio è sempre complicato, perché si ricomincia con un gruppo al 60-70% nuovo, e i giocatori che vengono dalla Primavera non sono ancora pronti. E per questo è sempre difficile trovare quell’equilibrio nei primi mesi. Lo confermano gli ultimi anni, che sono sempre stati in miglioramento guardando il rendimento sul campo. Ma se prendi i risultati con le squadre di vertice, nella parte finale della stagione o nei playoff, si vede tanto la mancanza di esperienza. E io credo sia normale a quell’età non essere ancora pronti per occasioni del genere. Yildiz era davvero speciale, aveva caratteristiche spiccatamente diverse dagli altri, e infatti ora è il numero 10 della Juventus. Savona, Mbangula e Rouhi invece non hanno sempre fatto i titolari in Next Gen, negli ultimi due anni. Anzi, Savona per un certo periodo aveva fatto la spola tra Primavera e Next Gen, prima di prendersi una maglia da titolare. Rouhi la scorsa stagione non è stato quasi mai impiegato, almeno fino a dicembre; e Mbangula è stato un giocatore, anche per via degli infortuni, che non ha mai avuto grande continuità. È ovvio che dipende molto dalle annate: ci sono quelle più e meno talentuose, esperte, pronte, ma il progetto deve sempre andare avanti”.
Promozione o salvezza? Gli obiettivi della Next Gen: “Nei primi anni della Next Gen, e fino al 2020, il nostro obiettivo era vincere il campionato e portare la seconda squadra in Serie B, con l’idea che avrebbe permesso di tenere tutti i migliori giocatori all’interno della Juventus. In verità ci siamo resi conto con il tempo che non è necessariamente quella la dimensione, perché i migliori giocatori puoi tenerli e valorizzarli comunque. Quest’anno nei primi mesi eravamo ultimi in classifica e sembrava ci fosse il rischio concreto di non riuscire a raddrizzare le cose. E posso dirvi che io non ci dormivo la notte, con la paura di retrocedere. In verità però, e lo dico dopo aver sentito discorsi su situazioni analoghe di altre squadre, la retrocessione secondo me può anche far parte del percorso. All’estero, in Spagna e in Germania, è la normalità sia vincere campionati ed essere promossi, sia retrocedere”.
Sulle seconde squadre in Serie D: “Il percorso continua, e la Serie D sarebbe comunque una categoria difficile e allenante per una seconda squadra di giovani. Oggi non è così ampia la differenza tra la Serie D, o almeno le sue prime 10 squadre, e le ultime 10 di Serie C. Anzi, bisognerebbe dare la possibilità di iscrivere le seconde squadre in Serie D, visto che ovviamente non è facile trovare spazio in Serie C. Permetterebbe a chi oggi magari ha problematiche con gli stadi e di bilancio, di partire con il progetto, capirne i pregi, i difetti, le difficoltà. E poi eventualmente di costruire con il tempo delle squadre con cui stabilirsi in Serie D o anche in Serie C. In tanti altri Paesi funziona così, non vedo perché in Italia no. Sarebbe un incentivo per tante squadre”.
Il bilancio della Next Gen: “I benefici che garantisce la Next Gen al club sono cambiati nel tempo, e sono da valutare nel lungo periodo. Ora il traguardo principale di ogni stagione è portare uno, due, tre giocatori in prima squadra. Quindi non solo far fare un primo step con la Next Gen tra i professionisti, per poi far andare i ragazzi a giocare altrove o venderli, che comunque è uno degli obiettivi. Ce ne sono tanti altri di buon livello che stanno facendo una carriera internazionale. Penso a Franco Israel, portiere dello Sporting Lisbona, o a Lucas Rosa che ha firmato per l’Ajax, che hanno fatto un percorso in Primavera e Next Gen, ma senza arrivare in prima squadra. Eppure questo percorso li ha portati a livello internazionale”.
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