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Pochesci: “Primavera a 20 anni è un fallimento. Ai giovani va dato il senso del sacrificio”

Le parole dell’allenatore sui settori giovanili, le seconde squadre e altri temi

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Sandro Pochesci

Tantissimi i temi trattati dal vulcanico Sandro Pochesci, noto allenatore, nell’intervista rilasciata a Tuttomercatoweb.com. L’ex tecnico, tra le altre, di Ternana, Carpi e Juve Stabia, noto per alcune sue conferenze stampa colorite e per un modo molto diretto di affrontare le tematiche riguardanti il calcio, ha parlato anche dei giovani sotto molti aspetti. Di seguito le sue principali dichiarazioni.

Pocheschi: critiche a campionato Primavera e seconde squadre

Sul campionato Primavera e la Nazionale: “Questo è il calcio che viviamo. Io spero ancora in riforme, è impossibile vedere ancora questa Nazionale e queste giovanili che prima vincono e poi fanno sparire i ragazzi. Non servono le seconde squadre, serve far giocare i ragazzi del vivaio, ma non in Primavera a 20 anni, quello è un fallimento: la Svizzera l’avremmo presa a pallonate in un contesto diverso. Ma oggi scimmiottiamo gli altri senza ricordarci il nostro DNA, ma il calcio non si copia: qui servono difesa e contropiede, altro che costruzione dal basso. Si rivoluziona una cosa semplice come il calcio”.

Sulle seconde squadre: “Sono contrario? Certo, e vi spiego perché. Guardiamo la Juventus, ha fatto giocare tanti stranieri che ora vanno a rinforzare le altre nazionali, si è visto agli Europei, dove arrivavamo con una squadra in cui 7 giocatori su undici hanno avuto un passato in Serie C. Perché questo? Perché allora li facevano giocare, ora in Serie A non si vedono più giovani italiani, quando invece la C dovrebbe preparare per la Serie B e quest’ultima per la A. Le brutte figure della Nazionale non sono a causa di chi allena, ma di chi gestisce il calcio: serve un cambiamento, doloroso e che fa paura, ma necessario”.

Sandro Pochesci

Sandro Pochesci

I giovani, la perdita dei valori e gli allenatori: le parole di Pochesci

Sui giovani: “Non bisogna abbandonare le società dilettantistiche e chi valorizza i settori giovanili, anzi, andrebbero stanziati premi per chi adotta questa linea. Dando poi ai giovani il senso del sacrificio, non quello dei tatuaggi, del Rolex e della Lamborghini, non servono più le scorciatoie, perché fanno perdere la passioni: i ragazzi arrivano troppo presto, gli agenti ci guadagnano ma poi tanti diventano meteore. Si gioca con il cuore, non con il portafogli. Mettiamo semmai i salari giusti, clausole per non far scappare i nostri campioni che all’estero trovano progetti dove li fanno giocare. Tutto questo ci sta facendo perdere i tifosi allo stadio, non si identificano più in quelle squadre, ma il senso si apparenza è fondamentale. E nessuno ha il coraggio di schierarsi”.

Sugli allenatori e la poca meritocrazia: “Sono stufo di vedere allenatori che fanno disastri e sono ancora sono in piedi solo perché dietro hanno agenti importanti e amici, serve meritocrazia. Dico una cosa: vedo tante carriere senza talento, e tanti talenti senza carriera. Ma del resto qui ancora ci sono padri che prendono le squadre per far giocare i figli, e guai se si mettono in panchina: un tempo guai invece a chi ci toccava l’allenatore. Calciatori con cultura sono importanti anche per questo, agevolano il compito dei mister, perché è più facile spiegare loro tante cose. E la politica va tolta dal calcio. Io nei ruoli di vertice del calcio voglio gente come Baggio, Del Piero, Totti, gente che ha fatto sacrifici oltre a 30 di calcio. Sarebbe un altro mondo”.

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