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Eraldo Pecci

L'ex calciatore Eraldo Pecci, con dei trascorsi anche come editorialista e commentatore, ha parlato a Il Secolo XIX soffermandosi sulla Nazionale italiana di Luciano Spalletti. Tra le sue dichiarazioni riguardo agli azzurri, c'è stato spazio per una critica sul mondo del calcio italiano, in particolar modo per quanto concerne la crescita dei giovani. Secondo Pecci - si legge - ai bambini viene insegnata troppo la tattica, senza avere una particolare cura per la crescita tecnica individuale. Questo, sostiene, influirebbe in termini negativi sui loro percorsi e sarebbe una spiegazione dell'assenza attuale - a suo parere - di campioni come i Totti e i Del Piero di un tempo. Di seguito le sue dichiarazioni.

La critica di Pecci

“Si chiama giuoco del calcio, non scienza del calcio. E invece siamo circondati da scienziati, anche tra i maestri di calcio: se non abbiamo più un Totti o un Del Piero è perché ai bambini, troppe volte, viene insegnata la tattica e non la tecnica. Manca la cultura della formazione, non c’è cura per la crescita individuale: molti calciatori, quando smettono e iniziano una carriera nuova su panchine giovanili, pensano non ad accompagnare talenti ma a preparare sé stessi per quando alleneranno i grandi. E’ una mia opinione per carità, ma resto convinto che l’assenza di campioni non è solo un problema generazionale”.

Luciano Spalletti
Pecci ha parlato dei giovani e della Nazionale di Spalletti

Sabatini, pensiero comune: “I bambini devono giocare”

Parole a cui fanno eco quelle rilasciate da Walter Sabatini. Il noto direttore sportivo ha analizzato la situazione in modo similare rispetto al pensiero di Eraldo Pecci. Di seguito il suo pensiero. 

I talenti diminuiscono perché in Italia le scuole calcio hanno cancellato il pallone di strada, il posto in cui imparavi a stoppare la palla, a dribblare e a giocare di sponda. Gli istruttori fanno gli allenatori e impongono la tattica a bambini di 9 anni. Assurdo, dovrebbero incoraggiarli a saltare l’avversario, dovrebbero lasciarli liberi di sbagliare, ma li sgridano se perdono una palla. Il calcio lo decidono i giocatori. 

 

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