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Nazionali Giovanili

Mondiali U20, per la finale è pronto il remake: sfida all’Uruguay per il tetto del mondo

La macchina del tempo ci riporta alla finale per il bronzo nel 2017

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Domenica, 11 giugno 2023. Segnatevi la data sul calendario e puntate le sveglie alle 23:00, quando i nostri ragazzi scenderanno in campo nella finale del Mondiale U20 per affrontare l’Uruguay e una vagonata di ricordi. Ci sono infatti i corsi e ricorsi storici, ad arricchire il tutto di una buona dose di fascino: oggi proveremo a ripercorrere la linea dei ricordi, che ci riporta indietro nel tempo a quell’11 giugno (ironia della sorte) di 6 anni fa.

LA POTENZA DEL DESTINO

Il destino è una delle variabili più impronosticabili nella vita dell’uomo, capace di scrivere storie, sconvolgere piani e tessere trame dai contenuti più assurdi e improbabili. Stavolta tocca al Mondiale U20, che per la finalissima propone un remake della finale per il bronzo ai mondiali del 2017: quella tra gli azzurri di Nunziata e la celeste di Marcelo Broli è una sfida che riporta alla mente ricordi dolci-amari, con l’Italia che solamente ai rigori si impose per 3-1 e mise al collo una medaglia, sicuramente non del colore che sognavamo, ma pur sempre una medaglia che vuol dire podio. Ad aggiungersi al peso specifico di una partita che ha già il sapore di storia per i nostri (mai l’Italia era arrivata a giocarsi il tetto del mondo in un mondiale U20), c’è quindi il passato, che spalanca al destino la porta per giocare con i sentimenti di due popoli che si troveranno di nuovo uno di fronte all’altro. 

IL LEGAME A DOPPIO FILO TRA PASSATO, PRESENTE E FUTURO

Italia-Uruguay è, come abbiamo già accennato, un contenuto di storie, di ricordi indelebili, ma è anche legame eterno tra passato, presente e futuro. In quella partita di 6 anni fa, ci sono elementi, dettagli che nella macro-trama di quell’evento sembravano minuscoli, ma che invece sono entrati nel nostro calcio: il primo elemento è caratterizzato da un numero (non trascurabile) di calciatori che vestivano la “camiseta celeste” e che hanno deciso, negli ultimi anni, di iniziare avventure nel nostro massimo campionato. A partire da Matias Viña, una stagione e mezzo con la Roma e il picco emotivo rappresentato dalla vittoria della Conference League; si passa sulla corsia sinistra, dove troviamo quel Matias Olivera fresco di vittoria del campionato con il Napoli; terminiamo questa rassegna con Rodrigo Bentancur, che venti giorni dopo quella finale vestirà i colori della Juventus, che rappresenterà per 4 stagioni e mezzo prima di approdare al Tottenham. Il secondo elemento invece è un concetto più astratto, che però ha avuto effetti significativi sul piano del concreto che tutt’ora non riusciamo a debellare totalmente: guardando all’11 e alle riserve di quella rassegna mondiale, è sconcertante il bassissimo numero di ragazzi che, a distanza di 6 anni, sono riusciti ad imporsi in Serie A. Pessina, Sernicola, Dimarco, Ghiglione, Marchizza, Mandragora, questi sono gli unici 6 superstiti di quel cocktail mortifero che ha anestetizzato la crescita dei giovani nel nostro calcio. Gli ingredienti principali? Mancanza di coraggio, bisogno ossessivo di risultati, mancanza di visione, sono solo poche sfumature di un panorama più ampio che ancora oggi penalizza il nostro movimento, spesso orientato su investimenti all’estero piuttosto che sui nostri settori giovanili.

ITALIA-URUGUAY, 6 ANNI DOPO

Quell’11 giugno 2017 i nostri conclusero al meglio una rassegna mondiale comunque soddisfacente: venne alzata bandiera bianca, non senza combattere, solo in semifinale e contro un’Inghilterra semplicemente ingiocabile; la classe e il talento di Solanke, Calvert-Lewin e di un certo Ademola Lookman erano troppo per la nostra Italia fatta di grinta e dinamismo. La finale per il bronzo però, ci sorrise: nella roulette russa dei calci di rigore, l’Uruguay spara a salve con molti dei suoi tiratori scelti; l’unico a centrare il bersaglio per la celeste fu, neanche a dirlo, un certo Federico “Pajarito” Valverde, già allora un predestinato, nonché leader tecnico e carismatico della squadra. Le tre stoccate di Vido, Marchizza e Mandragora, ci regalarono il gradino più basso del podio, certificato di qualità per il tanto lavoro e sacrificio. Oggi, a distanza di 6 anni, quello scontro si staglia di nuovo all’orizzonte, con vista sul tetto del mondo: c’è voglia di “venganza” per gli uruguagi, mentre per i nostri ragazzi c’è da scrivere l’ultima pagina di un libro che, fino ad ora, è stato colmo di colpi di scena e momenti indelebili. Siamo agli ultimi metri prima del traguardo, non mollate ragazzi, Forza Azzurri!

 

 

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