Nazionali Giovanili
Italia fuori da Euro 2024, la cumbia della noia: calcio di strada, vivai e squadre B
Quanto c’è di vero sui problemi della Nazionale italiana?
E così via, si riparte. L’Italia esce da Euro 2024 contro la Svizzera e inizia il tango dell’agorà popolare. Tutti sul banco degli imputati, tutti alzano la mano (giustamente) per dire la propria. Ma nel marasma di carne buttata al fuoco serve prendere in mano la bussola e orientarsi un attimo. Parafrasando Angelina Mango, siamo nel bel mezzo della cumbia della noia calcistica, in pieno stile nostrano. Tralasciando le responsabilità dei calciatori e del ct Luciano Spalletti, da portale del calcio giovanile preferiamo mettere l’attenzione sul contorno, tra vivai, istruttori e sistemi di fare pallone dalle basi.
Il calcio di strada: verità o frase fatta?
Argomentazione numero 1: “I bambini non giocano più a calcio per strada, preferiscono i videogiochi, non c’è più nessuno agli oratori o nei campetti”. Basterebbe rileggere l’appello disperato dei sociologi italiani per comprendere come ci siano tante contraddizioni in merito. Anche se fosse vero, i calciatori che indossano oggi la maglia della nazionale sono nati nei primi anni 2000 e negli anni ‘90, quindi bisognava constatare un decennio fa l’assenza di baby fenomeni nelle piazze. Dovremmo chiedere a Federico Chiesa o a Gianluca Scamacca se da bambini andavano a disturbare le sacrestie vicino a casa a suon di pallonate, oppure sarebbe opportuno domandare a baristi e commercianti se Lorenzo Pellegrini e Davide Frattesi si trovavano a dribblare tra i vecchietti nei vicoli. Nomi a caso, sia chiaro.
È una giustificazione buffa e pretestuosa che cela un discorso ricorrente nella storia dell’uomo: “Ai miei tempi era meglio”. Certamente è cambiato il modo di vivere e fare calcio, ma non si capisce perché il segreto degli altri paesi stia nel calcio di strada. I vivai, calo demografico permettendo, straboccano di ragazzini e ragazzine alle prime armi con il calcio: certo è che, se i risultati della nazionale sono questi, il tennis del grande Jannik Sinner o l’atletica del campione Gianmarco Tamberi diventeranno sempre di più riferimenti appetibili ai più piccoli.
I talenti ci sono: le Nazionali giovanili lo dimostrano
I talenti sono spariti, no? No. Basta leggere alcuni risultati degli azzurrini nelle competizioni giovanili. Euro U17, risultati Italia: vittoria nel 2024, quarti di finale nel 2022, finale nel 2018 e nel 2019, quarti di finale nel 2015, sempre presenti nelle ultime sette edizioni. Euro U19, risultati Italia: vittoria nel 2023, semifinale nel 2022, finale nel 2018, finale nel 2016. Se aggiungiamo il Mondiale U20 ricordiamo la finale dell’anno scorso, il quarto posto nel 2019 e il terzo posto nel 2017.
Già con la selezione U21 cominciano i primi scricchiolii, la qualificazione alle Olimpiadi manca dal 2008. Ma, tornando al punto precedente, i talenti ce li abbiamo eccome. I gruppi appena citati dovrebbero fare le fortune di Spalletti e della Nazionale, eppure molti prospetti di livello che si fanno sempre valere tra i pari età non trovano mai continuità con il passare del tempo. Non avremo i fenomeni alla Bellingham e Musiala, ma la considerazione appare ovvia: i giovani bravi in Serie A non ci arrivano neanche.
Vivai, seconde squadre, strutture: l’Italia è indietro?
Perché? Perché il campionato Primavera 1 è per i 20enni, perché il salto arriva tardi nei meandri del professionismo, perché non vengono investite abbastanza risorse per centri sportivi adeguati per la crescita tecnica e per le squadre B. Già, proprio le seconde squadre, viste con fastidio dai conservatori del vecchio calcio. Con il Milan Futuro il numero salirà a tre grazie a Juventus Next Gen e Atalanta, mentre in Germania, Francia, Spagna e Inghilterra ci sono da decenni. Il calcio professionistico è sempre più competitivo ed esigente, trovare spazio a 18, 19 e 20 anni dopo una vita nelle giovanili non è semplice. Serve uno scivolo, un passaggio intermedio costruito e mirato.
Serve puntare sul patrimonio dei vivai per rendere i club più sostenibili, ma l’impalcatura del nostro paese, tra centri sportivi inadeguati e scarse risorse generali, non sembra strizzare l’occhio a questa via. Ma chi l’ha fatto ne ha tratto beneficio. Possiamo rivelarvi un piccolo segreto: quelli bravi in giro per l’Europa a 18 anni sono professionisti, da noi giocano in Primavera. E allora ben venga l’esodo dei Della Rovere, dei Ciardi e dei Mané: il calcio si è globalizzato, non si deve più aver paura di attraversare la frontiera. Noi stessi, con i nostri grandi vivai attingiamo da fuori, è permesso ed è sacrosanto. Ma la svolta, innanzitutto, deve partire dall’interno.
GRAVINA: “MANCA MENTALITÀ. IN PRIMAVERA ALZANO L’ETÀ…”
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