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Vitullo: “Ai giovani manca lo spirito di sacrificio. A 20 anni in Primavera? C’è qualcosa che non va”
Ai microfoni di MondoPrimavera, l’agente Fifa Stefano Vitullo ha parlato dei giovani italiani, del Primavera 1 e delle U23 in Serie C.

La crescita dei giovani rappresenta un rebus per il calcio italiano. Se diversi anni fa il nostro paese poteva essere un modello, l’impressione è che adesso i nostri dirigenti abbiano tanto da imparare dalle altre realtà europee. In certi casi manca progettualità e il coraggio di lanciare i talenti. Manca la pazienza, sia da parte delle società che dei calciatori stessi, i quali, invece di godersi il percorso, vogliono raggiungere il traguardo nel minor tempo possibile. Questi alcuni alcuni dei temi affrontati con l’Agente Fifa Stefano Vitullo, che con la sua agenzia “Sport Managements” è attento alla crescita a 360 gradi dei giovani calciatori del suo roster. Ai microfoni di MondoPrimavera, Vitullo ha spiegato anche i motivi che l’hanno spinto ad adottare una comunicazione particolare, rispetto a quella dei suoi colleghi.
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Vitullo, social e le “colpe” dei giovani
Come mai questa scelta di affidarsi molto ai social network? I suoi video hanno riscontrato grande interesse…
“A dire la verità, all’inizio ero contrario a questi mezzi di comunicazione. L’obiettivo è quello di raccontare come funziona il mio lavoro e certe dinamiche all’interno del mondo del calcio. In realtà non tutte le cose sono andate come volevo, visto che diverse persone hanno chiesto di non apparire nei miei video . Da novembre ho deciso di essere meno presente: non vorrei essere etichettato come un influencer”.
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In che modo i giovani sono cambiati fuori dal campo?
“Rispetto a qualche anno fa, i giovani sono molto più esigenti. Le nuove generazioni vogliono tutto e subito, ma soprattutto non hanno la volontà di sacrificarsi. I giovani oggi si rapportano principalmente con i social e per entrare in sintonia con loro devi essere sempre presente. I ragazzi non capiscono che il duro lavoro batte il talento e cercano quindi scorciatoie per ottenere i propri obiettivi”.
Che tipo di scorciatoie?
“Molti non sanno attendere il loro momento.. É troppo facile scaricare le responsabilità sull’allenatore o il dirigente di turno”.
Questa poca predisposizone al sacrificio, è uno dei motivi per cui in Italia un talento fa fatica ad emergere?
“Secondo me, i giovani calciatori si allenano poco. Come mai negli altri sport gli atleti si allenano 3/4 ore e nel calcio no? Un’altra componente che dovrebbe avere maggiore spazio all’interno della quotidianità di un calciatore è lo studio. In primis per costruirsi anche una carriera fuori dal campo. In secondo luogo, credo che lo studio sia un valore aggiunto anche all’interno del calcio stesso”.
Mentalità, limiti Primavera 1 e seconde squadre
Lo scorso anno il Primavera 1 è diventato un campionato U20…
“Una scelta che non condivido e che va a penalizzare i più piccoli. Se un 2005 gioca ancora in Primavera significa che c’è qualcosa che non va. All’interno di una rosa di una squadra che milita in Primavera 1, quanti sono i ragazzi che alla fine riescono a trovare spazio in Serie A? Forse 1 o 2, al massimo. Meglio un campionato fatto di seconde squadre”.
Esiste un problema di mentalità?
“All’estero i 2006 o i 2007 giocano titolari, mentre da noi finiscono in panchina. Non ci lamentiamo poi se non escono più talenti dai nostri vivai: i ragazzi devono avere il diritto di sbagliare. Non dimentichiamoci che Sinisa Mihajlovic ha lanciato un giovanissimo Donnarumma titolare in Serie A. Manca il coraggio”.

L’agente Fifa Stefano Vitullo
Una società modello, per quanto riguarda la crescita dei giovani?
“L’Atalanta. La considero “un’isola felice”. Gli orobici hanno avuto il merito di puntare su un allenatore competente come Gasperini e di investire tanto su uno scouting di alto livello”.
Secondo lei, le squadre B possono ridurre il gap che esiste tra settore giovanile e professionismo?
“A mio parere sono molto utili. Le seconde squadre valorizzano i talenti, dando loro la possibilità di trovare spazio in una categoria importante, come la Serie C. Non dimentichiamo che per le società professionistiche i giovani sono un investimento, tra vitto, alloggio, contratto e via dicendo”.
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