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Prandelli: “L’Italia ha bisogno di far giocare più giovani possibili. Sono il nostro patrimonio”
Prandelli. ex ct della Nazionale italiana, ha parlato dei giovani del nostro calcio e dell’Italia di Spalletti.
Da sempre attento al tema della Nazionale italiana e ai giovani, Cesare Prandelli è tornato a toccare l’argomento sulle colonne di Tuttosport. L’ex commissario tecnico degli azzurri ha parlato in vista dei prossimi impegni dell’Italia di Luciano Spalletti, parlando anche dei settori giovanili. Di seguito le parole di Prandelli sull’Italia e non solo.
Prandelli sull’Italia e i giovani
Sulla Nazionale: “Ho sempre detto di avere grande fiducia in Luciano e non è che cambio idea dopo il risultato dell’ultimo Europeo. Stanno lavorando tanto, stanno cercando di capire quali ragazzi possono essere più utili nella continuità e nel futuro. Il calcio italiano ha bisogno di far giocare più giovani possibili, all’ultimo Europeo c’erano diversi giocatori con poca esperienza internazionale. Il calcio deve essere al centro del progetto: Federazione e Lega devono assolutamente andare d’accordo”.
Sui rientri nel gruppo azzurro: “Tonali non lo scopriamo adesso, gli facciamo un grosso in bocca al lupo per il rientro, può dare qualità e leadership al nostro centrocampo. Okoli e Brescianini sono giovani e fanno parte del coraggio che dobbiamo avere in questo momento perché purtroppo non siamo a livelli altissimi…”.
Il modello Spagna e la troppa tattica in Italia
Sul modello Spagna: “La Spagna è un discorso a parte: là giocano tutti allo stesso modo, fin da piccoli, quando salgono di categoria non cambia nulla nella loro mentalità. I tre ruoli che conoscono, li fanno bene. Noi ci siamo innamorati del giochismo a scapito della collettività, della fantasia e della imprevedibilità che un ragazzino deve avere. Facciamo così fatica a produrre centravanti, a fare gli uno contro uno, le mezze punte non ci sono più. E i nostri ragazzi non crescono. Quando parlo così mi riferisco ovviamente ai settori giovanili poi le prime squadre è giusto che facciano quello che vogliono. Io parlo della base: un ragazzo quando arriva a 18-19 anni deve essere pronto alla tattica individuale perché l’imprevedibilità nel calcio fa ancora la differenza. La prima cosa da fare nei settori giovanili sarebbe quella di togliere la tattica, intesa come un sistema di gioco rigido ed esasperato. Se la si eliminasse fino ai 15-16 anni, credo che uscirebbero più le qualità dei nostri giovani”.
Sui giovani: “Dobbiamo avere la forza di far crescere i futuri italiani, sono il nostro patrimonio. Poi non bisogna avere la paura di confrontarci. Dal Sudamerica arrivano ragazzi giovanissimi con già grande personalità, di fronte ai quali i nostri sono in ritardo di 2-3 anni”.
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