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ESCLUSIVA MP – Giovanni Bia, Ag. FIFA: “Non è il procuratore che ti fa diventare forte”
Le parole dell’ex giocatore, ad oggi Agente FIFA Giovanni Bia, che dice la sua sull’attuale realtà calcistica
Non poteva che fare un’analisi di questo tipo, Giovanni Bia, che grazie alla coesione delle sue esperienze, sia da calciatore (Napoli, Udinese, Inter ecc. ) che da procuratore sportivo FIFA, dimostra di aver quel qualcosa in più e di non essere troppo omologato ai suoi colleghi. L’aver vissuto questo mondo in prima persona, a ruoli invertiti e in un calcio diverso, rende le sue parole ancora più rumorose e preziose.
Il primo argomento trattato con l’ex difensore ad oggi titolare della BC Group Agency, è inevitabilmente il COVID e tutte le difficoltà ad esso legate: “Tra le varie problematiche, quella principale è stata quella di spostarsi e dunque di essere presenti sul campo. Non tanto per la Primavera, quanto più per la 2 o la 3. Resta comunque il fatto che, anche se ormai siamo attrezzati con le diverse piattaforme, è comunque difficile non vederli giocare dal vivo“ – cosa estremamente problematica per un Agente, in quanto non permette a quest’ultimi di seguire i progressi dei loro assistiti a 360 gradi – “La mia passione è sempre stata quella di far crescere i ragazzi anche dal punto di vista tecnico, e non far avere loro solo l’obiettivo monetario. Non amo prendere i giocatori già fatti, mi interessa che ci sia una crescita ed infatti la mia storia racconta di questo; altro motivo per cui a me piace molto andare a seguirli. Ci sono tanti posti in cui, quasi giustamente direi, non ci hanno fatto entrare dando la precedenza ad altre persone come voi giornalisti o scout. Ho sempre rispettato molto le decisioni societarie, nonostante a volte ci sia capitato anche di arrivare quasi a destinazione. L’altra difficoltà enorme è stata proprio legata al contatto visivo con il calciatore, evitando anche semplicemente di andarlo a trovare, per rispettare la sua sicurezza e quella dei suoi compagni. Puoi essere un rischio per la loro carriera ed in un momento del genere non puoi rischiare di farli stare fermi un mese”.
In questi casi la sfida è quindi anche quella di riuscire, società permettendo, ad avere occhi e orecchie sui campi in ogni caso: “Tutti noi, ci siamo dovuti organizzare anche con i servizi di scouting, adeguandoci alla situazione. Cercando inoltre di avere l’occhio e la bravura di non vedere il giocatore in quel singolo momento, ma immaginandolo nel progetto. Io personalmente mi fido dei miei collaboratori storici, difficilmente hanno sbagliato qualche colpo”.
In merito, chiediamo a Bia quanto sia importante anche lo sviluppo fisico del giocatore: “Non c’è una regola scritta legata a ciò, io vado molto più sulle capacità tecniche ed intellettive di un ragazzo. A me piace vedere come sa stare in campo, come legge la partita, come si comporta nei novanta minuti ed in tutte le varie circostanze, mentre vince e mentre perde. Ci sono tante componenti che ti possono far percepire se un giocatore ha migliori qualità rispetto ad altri. Molti guardano solo quelli più “rinomati” e sulla bocca di tutti. La capacità di chi fa il mio mestiere, ed anche degli scout, è quella di andare a leggere altre cose”.
È proprio legato a questo argomento che riusciamo a capire quanto effettivamente lui sia aperto a più possibilità, non solo a quelle comode. Analizzando anche insieme a noi, alcune realtà romane di altri tempi (Lodigiani, Astrea) che facevano un gran rumore: “Oggi ci sono le mode, le abitudini. Anche in Serie D per dire, ci sono tanti ragazzi giovani. Molti scout non vanno, preferendo sempre partite diciamo di alto livello – il procuratore continua – Io mi ricordo di squadre come la Lodigiani, ai tempi una delle scuole calcio più importanti in Italia, al pari di tante società blasonate. Lavoravano bene, sfornando giocatori ottimi magari anche più di Roma e Lazio, erano fortissimi. Gli osservatori andavano sempre a seguire quelle partite, se pur di categorie minori” cosa che, anche secondo la sottoscritta, non avviene più o non abbastanza.
La musica, non cambia neanche quando si parla di rapporti con i giocatori di oggi: “L’esempio più semplice che posso farti, di differenze con il mio calcio, è legato ai genitori. I miei hanno conosciuto il mio procuratore al mio matrimonio, dopo anni che giocavo. Oggi invece, se non parli prima con loro non vai da nessuna parte. Per non parlare poi, di ragazzi giovani che a vent’anni hanno già cambiato tre procuratori. Nella mia vita calcistica io ne ho avuto solo uno, e quello è stato per tutta la mia carriera”.
Effettivamente, sarebbe bello poter sempre pensare di essere quell’uno su un milione. Di essere il prescelto, con un futuro pieno di stadi colmi ad urlare il tuo cognome, ma non è sempre così. Anzi, quasi mai in proporzione di quanti ci provano. Come sapete, siamo i primi a spingervi sempre a credere nei vostri sogni – ne abbiamo fatto un mestiere – ma ancor prima, bisogna rimanere con i piedi per terra. Ci interroghiamo dunque con l’Agente, su cosa spinga questi ragazzi a non instaurare un rapporto di fiducia duraturo con loro: “Le bugie. Noi non portiamo né sulla Luna né su Marte, ma a quanto pare alle persone piace crederci. Poi però, dopo un paio di anni giocano in categorie minori. Noi possiamo solo essere un supporto dal punto di vista tecnico, emotivo, emozionale e tutto quello che va al di fuori del calcio, ma in campo ci vanno loro. Non è il procuratore che ti fa diventare forte. Puoi essere l’Agente più forte di tutti, ma se poi il portiere non mette le mani dentro ai guanti, è tutto inutile”.
Come ultima cosa, chiediamo a Giovanni Bia di regalare un consiglio a cuore aperto a tutti i giovani: “Ai ragazzi dico di giocare per divertimento. Di non avere l’ambizione di diventare un giocatore professionista in tre mesi, ci vuole pazienza per diventare un calciatore. Bisogna saper soffrire, perché le sconfitte insegnano tanto. I ragazzi di oggi, se non giocano tre partite chiamano il procuratore e si lamentano. Quando evidentemente, ci sarà un motivo se non scendi in campo. E soprattutto, non devono dare retta a tutto quello che gli promettono. Devono circondarsi, nella loro carriera calcistica, di persone con princìpi e valori, non di chi li lusinga continuamente”.
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